"Apparizione d'oro e di avana, azzurro e grigio. Le carni lievemente aduste... Ori, ori: non però appiattiti sulla luce, anzi che smagliano nella luce, bruciati dalla penna nera dell'ombra. Sentimento degli ori..."
Giovanissimo e folgorato dalla bellezza di un dipinto anonimo del Louvre: è così che Roberto Longhi vuole che lo immaginiamomentre annota i primi appunti di quello che diventerà il suo saggio su Carlo Braccesco. Uno choc, un'estasi artistica, un'impressione così forte da farsi immediatamente entusiastica interpretazione critica nelle pagine scritte di getto "in una crèmerie di Rue de Rivoli." E, forse proprio in ragione della letterarietà così studiata del ricordo, il Carlo Braccesco è da considerarsi uno degli apici della scrittura d’arte del Novecento; destinato, tanto per la sua iperletterarietà, quanto per la soluzione rabdomantica del finale e per l’ossatura e l’articolazione dell’indagine, a diventare rapidamente oggetto privilegiato di culto e, allo stesso tempo, simbolo totemico da abbattere.
Ma il saggio finale del 1942 è il frutto di una lunga gestazione, che questa edizione critica (arricchita anche da un Dossier di appunti, prime stesure e lettere) documenta con attenzione e precisione, riportando insieme al testo finale anche la testimonianza completa delle due fasi che lo hanno preceduto e costruito. Non subito infatti a Longhi si delineò con chiarezza la soluzione dell’enigma attributivo: nclla prima versione del testo, che risale al 1925 e che porta il titolo di Maestro Raro, il problema dell’identificazione dell’autore del trittico del Louvre viene impostato, ma non risolto. Solo diciassette anni dopo, durante una conferenza organizzata alla Società del Giardino a Milano, Longhi potrà presentare la definitiva soluzione del rebus, resa possibile anche grazie all’intuizione avuta, nell’entroterra di Imperia, di fronte all’unico dipinto datato e firmato da Carlo Braccesco.