La via italiana allo sviluppo industriale è consistita, a partire dagli ultimi anni '60, nella diffusione di piccole e medie imprese, aggregate in reti distrettuali, con elevata propensione all'imprenditorialità e presenza forte di famiglie proprietarie. I distretti, insediati in sistemi locali, tendono a "simulare" la grande impresa sfruttando costi più bassi. Questa realtà ha una caratterizzazione territoriale (Nord-Est e Centro) e settoriale: abbigliamento-moda, arredo-casa, agroalimentare, automazione-meccanica. Come valutare tale modello? Attorno a questo quesito si incardina il dibattito su stato e prospettive del sistema produttivo italiano, che oscilla tra sostenitori della sua capacità di adattamento e critici del nanismo economico. Il volume sviluppa riflessioni mostrando come sia possibile un'evoluzione del modello distrettuale puntando su: guadagni di produttività, economie di scopo (diversificazione e ampliamento della gamma), flessibilità, capacità di coniugare tradizione e innovazione, qualità dei prodotti, crescita dimensionale delle imprese, nuove forme di finanziamento, presenza sui mercati internazionali, valorizzazione delle risorse del territorio.