Gianfranco Massidda ha, oggi, ottantanove anni, moltissimi dei quali trascorsi all'Asinara, dalla sua nascita fino al 1986. È stato un bambino curioso e attento e ha registrato tutto ciò che è accaduto nell'isola dal 1939 sino all'elettrificazione del faro. Ha lavorato dal 1964 come fanalista ed è rimasto l'unico a poter raccontare quegli avvenimenti così lontani nel tempo. Questa però non è una semplice biografia ma un atto d'amore verso l'isola e il faro. I racconti camminano leggeri su questo grande scoglio posto alla fine del mondo, isolato negli anni del fascismo e del primo dopoguerra. Nessuno, sino ad oggi, aveva mai narrato le vicende dell'isola-carcere durante quel preciso periodo storico. Non ci sono molte notizie neppure negli archivi di Stato. La decisione di romanzare la vita di Gianfranco Massidda è maturata dopo una serie di incontri ed è stato deciso di costruire, attraverso le sue notizie, una piccola grande favola, un regalo immenso al mare, al vento, all'isola dell'Asinara, ai protagonisti che si sono susseguiti negli anni, comprese due principesse. Il risultato è una storia unica e irripetibile vissuta con poche cose, fatta di luci e di mare. C'è, al centro del romanzo, la solitudine del faro, la vita vissuta in un luogo dominato dai venti e dalle onde ma c'è, davvero, un grande atto d'amore di Gianfranco Massidda verso quella che è stata e sarà per sempre "la sua Asinara". Tra la terra e il mare ci sono anche piccoli giochi letterari, citazioni di alcune canzoni di Fabrizio De André ovviamente volute e cercate come un tributo ad un grandissimo poeta e uomo di mare. Ci sono storie che rivelano verità mai svelate come, per esempio, alcune evasioni riuscite, ma sempre ufficialmente nascoste. È la favola di un'isola, dell'ultimo dei fanalisti, di un faro, e di tanto amore per il mare.