Londra, in un futuro non troppo lontano: l'editoria ha affidato a un software il compito di rintracciare i plagi nei manoscritti, e il genere di gran lunga più popolare e redditizio è la poesia. Un narratore senza nome, editor di una rivista letteraria, dopo essersi aggirato per un festival culturale incontra al bar dell'hotel Travelodge Solomon Wiese, poeta e plagiatore recidivo. Nel corso di una notte, Solomon Wiese racconta al narratore la sua storia: il primo plagio, la fuga in campagna lontano da Londra, unico centro culturale riconosciuto, infine la decisione di pianificare il rientro sulla scena, costruendosi un esercito di finti follower su un social dedicato alla poesia e saccheggiando la produzione degli ignorati poeti locali. Sam Riviere ci regala una satira crudele dell'ambiente letterario, incapace di prendersi la responsabilità di cercare nuove voci e spingersi oltre le strade più battute e sicure, dei festival letterari asfittici e autoreferenziali, della letteratura al servizio delle piattaforme social e delle infinite discussioni sulle opere derivative. E lo fa sfidando il lettore a cimentarsi con un unico, lunghissimo paragrafo che non concede respiro e che di volta in volta fa riflettere, ridere, indignare, e forse riconoscersi.