Secondo Julio Cortázar, molto semplicemente, non si può essere scrittori senza leggere a fondo Horacio Quiroga. Nel 1925, tra l'altro, Quiroga compilò un Manuale del perfetto scrittore di racconti in cui, tra diverse cose, scrisse: "Racconta come se la narrazione non avesse interesse che per il circoscritto ambiente dei tuoi personaggi, uno dei quali avresti potuto essere tu". Insegnava il raffinato disinteresse verso il giudizio degli altri - amici o nemici che fossero - e una miliare concentrazione nell'opera. Nato in Uruguay, cresciuto a Buenos Aires, Quiroga aveva la barba fitta e un'eleganza innata. Preferì vivere a Misiones, in mezzo alla giungla: lo descrivono come un uomo rude, arrabbiato, un amante selvaggio. I suoi racconti di belve, di tigri, serpenti e fiumi imbizzarriti sono indimenticabili. Alcuni videro in lui un discepolo di Rudyard Kipling, un cugino di Jack London: in realtà, Quiroga ha un cuore più cupo, una più austera profondità. Racconta l'uomo immerso nel rischio, al cospetto della propria bestia interiore. Sapeva costruire canoe.