A ferragosto Palermo è arsa dal sole e dalla siccità, non scende acqua dai rubinetti, chi può se ne va dalla città. Chi può sta chiuso in casa, trovando ristoro nella frescura dei palazzi.
Poi c’è che in casa deve starci per forza, una segregazione forzata, ed è l’eterea Giulia, una pelle sottile e bianchissima, una rara malattia che le impedisce di esporsi alla luce: per lei, che appartiene a una delle famiglie più importanti della città, c’è un bell’appartamento tutto bianco a Palazzo Galletti. Un privilegio, concessole dagli amici del padre, perché in quel palazzo non ci abita nessuno. Solo lei, e Maria, la buttana, un’istituzione, un occhio vigile, intoccabile.
Quando Giulia viene trovata morta, il cranio sfracellato, a investigare è chiamata la commissaria Marò Pajno. Anche lei un appartamento nuovo, più grande di quello che le serve, adesso che la storia con Sasà sta crollando del tutto, tanti utensili in cucina, il sogno di lasciare la polizia per aprire un piccolo ristorante, inebriarsi di aromi e profumi. Una solitudine che la avvicina a Giulia, mondi così lontani, da una parte le bellezze androgine e raffinate della Palermo bene, sicure di sé nelle loro vesti di seta, dall’altra lei, mediterranea e formosa, piena di insicurezze, con un armadio da poliziotta.
Il basilico di Palazzo Galletti è un romanzo di grande sensualità, che in ogni pagina diffonde profumo di basilico e di rose. C’è una città contraddittoria e affascinante alle spalle dei protagonisti, che si muovono tra il bello e lo sporco, tra oggetti di design e cumuli di immondizia, palazzi d’epoca pieni di segreti e uffici squallidi pieni di polvere e scartoffie. Ci sono i mercati, con la vita che urla provocante, pesce fresco e tante storie che si nascondono tra di loro.
Ci sono pertugi che celano ombre e fantasmi, piante da innaffiare e ricette di baccalà che trasgrediscono la tradizione e sposano la modernità, la processione di Santa Rosalia che muove tutti, un funerale che diventa evento cittadino, il colore della granita di gelso, e quello del sangue.
C’è Marò che per una vita ha agito per compiacere gli altri e che finalmente, con una piccola scatola rossa e il suo strano contenuto, scopre che la vita è anche gioco e piacere.
Quello di Giuseppina Torregrossa è un bel romanzo, intenso e carico di mistero, che ci regala una Palermo meravigliosa, un dialetto che è un vero incanto e ritratti di donne vere e passionali.
Recensione di Francesca Cingoli