Giorgio Scerbanenco nacque a Kiev da Valerian, professore di lingue classiche, e da Leda Giulivi. I genitori si conobbero in Italia dove il padre era giunto per ragioni di studio.
Scerbanenco trascorse l’infanzia a Roma e a sedici anni si spostò con la madre a Milano. Qui svolse diversi lavori: spedizioniere, barelliere della Croce rossa, contabile. Studiò filosofia da autodidatta presso la biblioteca di Brera.
Nel 1934 Scerbanenco pubblicò il racconto Pentimento sulla rivista Piccola, del gruppo Rizzoli, ed entrò nel mondo editoriale grazie all’interessamento di Cesare Zavattini. Fu dapprima correttore di bozze e redattore, poi autore di racconti e romanzi a puntate. Con lo pseudonimo Luciano rispose alla posta delle lettrici di Grazia, rivista di proprietà della Mondadori. Nel 1942 collaborò con l’edizione pomeridiana del Corriere della sera.
Negli anni Quaranta
Scerbanenco esordì con il romanzo poliziesco
Sei giorni di preavviso (1940), primo della serie con protagonista
Arthur Jelling, archivista della polizia di Boston, a cui seguirono
La bambola cieca (1941),
Nessuno è colpevole (1941),
L’antro dei filosofi (1942),
Il cane che parla (1942). Il sesto romanzo della serie,
Lo scandalo dell’osservatorio astronomico, è stato pubblicato postumo nel 2011.
La valle dei banditi, ancora inedito, è stato pubblicato nel 2020 dalla Nave di Teseo.
Nonostante l’ambientazione l’impostazione della trama è lontana dagli stereotipi di genere americani. Il detective ha temperamento riflessivo, l’indagine si basa sul confronto minuzioso dei rapporti d’inchiesta. Questo è dovuto alla necessità di rispettare i canoni restrittivi del giallo fascista, ma anche alla volontà di reinterpretare le formule del poliziesco.
Dopo l’8 settembre 1943 Scerbanenco si rifugiò in Svizzera, continuando l’attività di giornalista su piccole testate locali. Dopo il ritorno a Milano, si separò dalla prima moglie, Teresa ‘Liuba’ Bandini, corista alla Scala, sposata nel 1930, da cui aveva avuto quattro figli. Si sposò in seguito con Cinzia Monanni, da cui ebbe Cecilia e Germana.
L’editore Angelo Rizzoli affidò a Scerbanenco la codirezione della rivista letteraria femminile Novella e il compito di creare una nuova rivista, Bella, sempre dedicata alla moda e all’attualità.
Scerbanenco scrisse numerosi romanzi rosa che furono pubblicati in gran parte sulle riviste della Rizzoli, in un arco di tempo che va da
Il terzo amore (1938) a
La ragazza dell’addio (1956). Non trascurò altri segmenti della narrativa di genere, tra cui la spy-story, la fantascienza (
Il paese senza cielo, 1939;
Il cavallo venduto, 1963;
L’anaconda, 1967), il western (
Il grande incanto, 1948;
Luna messicana, 1949), esercitandosi poi nella mescolanza di più generi in opere come
Appuntamento a Trieste (1953) e
Europa molto amore (1967).
Nel 1965 si trasferì da Milano a Lignano Sabbiadoro nella quale ambientò i romanzi
La sabbia non ricorda (1963) e
Né sempre, né mai (1973).
A partire dalla metà degli anni Sessanta
Scerbanenco si dedicò al genere giallo e dette avvio al ciclo di
Duca Lamberti, medico radiato dall’albo per eutanasia e consulente della polizia.
Al primo romanzo della serie,
Venere privata (1966), seguirono altri tre romanzi:
Traditori di tutti (1966),
I ragazzi del massacro (1968) e
I milanesi ammazzano al sabato (1969).
Scerbanenco riesce a calare gli stilemi del noir nella realtà milanese con una visione cinica e cupa delle cose maturata nei lunghi anni di attività giornalistica. Alle vicende raccontate fa da sfondo una malavita proveniente direttamente dalle pagine della cronaca nera, in un’Italia alle prese con le contraddizioni del boom economico. Lo stesso protagonista non muove da ragioni etiche, quanto dal desiderio di una vendetta personale nei confronti di chi trasgredisce le regole codificate dalla società.
Dalle opere di
Scerbanenco furono tratti numerosi adattamenti cinematografici, tra cui
Il caso Venere (1970),
I ragazzi del massacro (1969),
La morte risale a ieri sera (1970), ai quali si aggiunsero i film tratti dalla raccolta di racconti
Milano Calibro 9:
Milano Calibro 9 (1972) e
La mala ordina (1972).
Nel 1968 Scerbanenco fu insignito a Parigi con il Grand Prix per la letteratura poliziesca e abbandonò la direzione delle riviste, pur non interrompendo le collaborazioni giornalistiche con La Stampa, Oggi, Bolero. Negli ultimi mesi del 1968 si manifestarono i sintomi di una grave malattia che lo porterà a morire il 27 ottobre 1969 a Milano.