"Invidia" è un grande affresco delle illusioni di un'epoca segnata da speranze e tragedie, di una transizione storica, di uomini vecchi e nuovi; un'opera d'arte che non rientrava negli schemi fissati dall'ideologia al potere, e per questo costata cara al suo autore. Un libro unico nel suo genere, una storia a volte grottesca, a volte divertente e spesso patetica: la storia sarcastica di una favolosa lotta di classe e di una non meno favolosa rivoluzione. Siamo a Mosca negli anni Venti, subito dopo la Rivoluzione d'Ottobre. È in corso la nuova politica promossa da Lenin nell'economia, la NEP, dopo gli anni di ristrettezze causate dalla carestia e dalla guerra civile. Il "salsicciaio" Babicev, con la sua idea di mensa collettiva, il Cetvertak (letteralmente un quarto di rublo), fulcro della socializzazione post-rivoluzionaria, incarna l"'uomo nuovo" in contrapposizione al sognatore-poeta fallito e mantenuto Kavalerov, l'invidioso io narrante che non vuole trovare una collocazione nella nuova società e per questo è condannato a restarne ai margini e a non goderne i frutti.