L’ex hacker Kevin Poulsen si è costruito negli ultimi dieci anni una reputazione invidiabile come uno dei massimi giornalisti investigativi nel campo della criminalità digitale. In Kingpin riversa per la prima volta in forma di libro una conoscenza e un’esperienza diretta impareggiabili, consegnandoci la storia avvincente di un gioco del gatto col topo e una panoramica senza precedenti del nuovo e inquietante crimine organizzato del ventunesimo secolo.
Nell’underground dell’hacking la voce si era diffusa come un nuovo virus inarrestabile: qualcuno - un cyber-ladro brillante e temerario - aveva appena scatenato il takedown di una rete criminale online che sottraeva miliardi di dollari all’economia statunitense.
L’FBI si affrettò a lanciare un’ambiziosa operazione sotto copertura per scoprire questo nuovo boss del crimine digitale; altre agenzie di tutto il mondo dispiegarono decine di talpe e agenti sotto copertura. Collaborando, i cyber-poliziotti fecero cadere nelle loro trappole numerosi hacker sprovveduti. La loro vera preda, però, mostrava sempre una capacità straordinaria di fiutare i loro informatori e cogliere le loro trame.
Il bersaglio che cercavano era il più improbabile dei criminali: un brillante programmatore con un’etica hippie e la doppia identità di un supercattivo. Importante hacker “white hat”, Max “Vision” Butler era una celebrità nel mondo della programmazione e in passato aveva addirittura collaborato con l’FBI. Ma nei panni di un “black hat”, come “Iceman”, trovava nel mondo del furto dei dati un’opportunità irresistibile di mettere alla prova le sue enormi capacità. Penetrò in migliaia di computer di tutti gli Stati Uniti, rubando a suo piacimento milioni di numeri di carte di credito.
“Bucava” senza fatica i colleghi hacker, sottraendogli sotto il naso i bottini illeciti. Insieme a un mellifluo artista della truffa organizzò una vasta rete criminale nel mondo reale.
E per anni fece tutto questo con apparente impunità, mentre numerosi rivali dovevano vedersela con le agenzie di polizia.
Ma osservando i cyber-truffatori intorno a lui impegnati in una rissa continua e notando come tra le loro fila si nascondessero stuoli di informatori e come i loro metodi fossero inefficienti, concepì la sfida ultima: avrebbe operato un colpo da maestro e fatto pulizia, mettendo le cose a posto, anche se questo significava fare di sé un bersaglio.