Il nichilismo non è più scandalo teorico della ragione e reazione speculativa, ma effettivo esito patologico della nostra civiltà: è nichilismo reale, è un sentirsi il nulla, è nientificazione del sé e del mondo. Questo suggerisce non tanto una discussione sull'essenza del nichilismo, quanto una esplorazione di stati di nichilismo, di "focolai nichilistici" accesi nella nostra estenuata modernità, di "sintomi" della cultura europea affetta da nichilismo. La tecnologia e la velocizzazione del mutamento, l'accelerazione del quotidiano, l'immediatezza del repentino, il delirio di eventi puntiformi, mostrano l'istantaneo senza ragione e il vuoto del presente, negano l'opera viva di mediazione tra futuro e passato: la rovina del "medio" annuncia la crisi della modernità. La potenza del dubbio si è trasformata nell'impotenza della negazione. Così l'ermeneutica e la decostruzione riducono l'altro alla negatività del caso, all'inutile spostamento di margini, al nulla. Il gioco diviene l'interminabile riscrittura, una scacchiera infinita, l'avventura seminale della traccia, un puro accadere di differenti che si priva del "codice" e della "serietà della vita". Contro il totalitario dissenso e l'inimicizia assoluta, contro la guerra come malattia dell'esistere, va oggi riattivata la "volontà di verità" in quanto "volontà di con-senso", di eros e di grazia."