Ogni poesia scalfisce una resistenza, eleva il linguaggio, ripudia la banalità, si misura con la vita. È questo l'insegnamento di "Nell'inganno della soglia", raccolta che ha segnato la poesia del Novecento e un capitolo straordinario della vicenda artistica di Yves Bonnefoy, il quale qui più che mai piega il linguaggio e si getta nella materia che lo nutre: l'esperienza sempre tesa del vivere. Nell'inganno della soglia è una riflessione sulla natura, sulla memoria e sullo scorrere del tempo: la parola di Bonnefoy non può esistere senza un accordo con il paesaggio, con gli umani e gli oggetti che lo abitano, e fa i conti con la condanna della nostra mortalità. Pubblicato per la prima volta nel 1975 e qui presentato in nuova traduzione, "Nell'inganno della soglia" raccoglie il frutto di decenni di sperimentazione poetica e conserva ancora tutta la sua potenza, mostrando, come scrive Fabio Scotto nell'introduzione, che «scrivere è varcare una soglia, quella dell'indicibile, scontrarsi a una porta coriacea, ingannevole, chiusa».