Una lunga e inveterata tradizione ha fatto pesare sulle donne una duplice condanna biblica e biologica e tanta letteratura misogina ha attribuito loro le caratteristiche di irrazionalità, mollezza, lussuria, frivolezza, suggestionabilità, incostanza, loquacità ecc. considerate come certezze assiomatiche: conseguenze naturali, e quindi inappellabili, di una costituzione fisica imperfetta e di un temperamento umorale a dominanza freddo-umida. Ma fin dal tardo Quattrocento si assiste nelle corti di Ferrara e di Mantova a un vero e proprio processo di consapevole ridefinizione del genere, messo in moto dalla forte personalità di Eleonora d'Aragona, confutazione vivente delle idee aristoteliche sulla donna. Il libro esamina alcuni sorprendenti e originali trattati rinascimentali che rivalutano la donna sulla base degli effetti positivi che conseguono proprio dalla sua natura. Con un audace rovesciamento del paradigma aristotelico dell'inferiorità femminile, queste opere attribuiscono, infatti, alle donne una maggiore e migliore disposizione all'esercizio delle capacità intellettuali, anche perché «quelli che sono di carne più molle sono più atti di mente», come aveva affermato lo stesso Aristotele. Ancora poco noti e in gran parte mai pubblicati in edizione moderna, questi primi tentativi compiuti in Italia per ribaltare i presupposti misogini della tradizione aristotelica e scolastica gettano una luce nuova sull'annoso dibattito che aveva riguardato la "natura" della donna.