Questo libro è uno specchio dell'anima, uno specchio in frantumi di cui vediamo solo alcune schegge. In queste, l'esistenza dell'autrice affiora come un volto in un quadro, un autoritratto parziale, un ritratto di una donna senza il nome, una donna immaginaria che a volte le assomiglia, dipinto con mano talvolta irrequieta, talvolta incantata. E l'arte è ciò che permette di unire i lati irregolari di molti frammenti e di intravedere, al loro interno, alcuni riflessi della vita di Joanna Longawa, nonché del suo rapporto con il mondo che la circonda e di cui lei diventa insaziabile osservatrice. L'arte e la scrittura pervadono queste pagine, incarnandosi in una galleria di figure che popolano l'immaginario dell'autrice: pittori, scrittori, poeti, fotografi, performer. Tanti di loro sono donne, vissute in epoche diverse ma tutte brillanti, coraggiose, innovative. E donna è anche la madre Polonia, da cui provengono voci e immagini fondamentali per la formazione e l'identità dell'autrice e spesso (sfortunatamente) sconosciute nel nostro Paese. In questo racconto, Joanna Longawa si mette a nudo attraverso l'arte, usando la penna come un pennello per tracciare un disegno che racchiude in sé tutte le prove dell'esistenza.