"Se c'è chi abbia bisogno", scriveva Labriola, "di vivere fin da ora nel futuro, come da sentirlo e da provarlo su la propria pelle; e, papeggiando in nome delle idee, voglia investire dei loro diritti e doveri i componenti la società dell'avvenire, s'accomodi pure. Permetta quindi a me (...) di esprimere la speranza, che quei del futuro (...) serbino tanto della gaia dialettica del ridere, da farsi beffe umoristicamente dei profeti dell'oggi". Al contempo, contro le filosofie astratte, gnoseologiche e duplicatrici dell'esperienza, contro i "leopardiani annoiati", suggeriva una filosofia della storia intesa alla possibilità e al proposito del cambiamento. Nella critica della metafisica e della concezione statica della realtà scorgeva un pensiero in azione e un "modo di condursi ragionevolmente" nella vita.