Chi ha scritto "La fine dei romantici sognatori" ha il gusto per la storia, per le vicende umane, quelle vere, non per un generico passato, non è interessato alla polvere, è incuriosito da ciò che di significativo è accaduto nel tempo, da ciò che parlava e che in fondo continua a dirci qualcosa. C'è la storia, quella della cultura, nel senso di cultura materiale e di microstoria, ma c'è anche la storia 'maestra di vita'. Il volume di Salvo Russo, proprio perché è figlio di chi ha qualcosa da dire e desidera dire, è tutto un turbinio di personaggi, di nessi storici, di dialoghi botta e risposta con alcuni colpi di scena, con guizzi improvvisi e cambi di prospettiva. "La fine dei romantici sognatori" ha il tono e il sapore di un'amara constatazione, appare come l'esito grigio di una disamina disincantata del lento declino che tutto sembra trascinare con sé.