Gli avvenimenti del 1956 con le traumatiche rivelazioni del rapporto segreto Chruscëv al XX Congresso del Pcus, la rivolta operaia di Poznan' e soprattutto la tragedia della rivoluzione ungherese soffocata nel sangue dai cingolati sovietici, infliggono un colpo duro ma non mortale al mito sovietico imperante in ambedue i maggiori partiti della Sinistra italiana. A distanza di appena un anno da "quel terribile 1956", il mito del Paese del socialismo realizzato rinasce sull'onda delle sensazioni suscitate a livello mondiale dalla riuscita delle prime imprese spaziali sovietiche, assunte dalla propaganda comunista, in Italia come altrove, a prova inconfutabile della superiorità acquisita dall'Urss in campo scientifico, tecnico ma anche militare. Ciò non impedisce che ad inizio degli anni Sessanta nascano e si sviluppino a sinistra miti alternativi: la Cina con la sua Rivoluzione culturale; Cuba con il fascino esotico di un socialismo sui generis; il Vietnam con l'immagine di un piccolo popolo che non si piega allo strapotere militare statunitense. Dopo le grandi speranze suscitate nella Sinistra italiana dalla Primavera di Praga del 1968, sarà l'intervento militare sovietico che mette fine al sogno di un socialismo diverso, ad imprimere una decisa accelerazione alla parabola discendente del mito sovietico destinata a concludersi venti anni dopo con il crollo del Muro di Berlino e la fine del comunismo in Europa.