Il ricorso al trust è determinato dall'esigenza, sempre più diffusa, di un soggetto, il disponente, di separare una parte del proprio patrimonio per il perseguimento di interessi meritevoli di tutela ponendolo sotto il controllo di un altro soggetto, il trustee. L'istituto, da tempo diffuso nella prassi di altre giurisdizioni, ha conseguito il suo definitivo riconoscimento domestico in forza della ratifica della Convenzione de L'Aja del 1° luglio 1985. Il contributo analizza le numerose problematiche interpretative emerse nella prassi nazionale e nelle analisi della dottrina e della giurisprudenza, prendendo le mosse dalla valutazione del trust quale patrimonio separato senza soggetto, vincolato alla realizzazione di un effetto di destinazione. Il metodo dell'indagine si muove costantemente sul binario della valutazione della meritevolezza degli interessi delle parti coinvolte nell'operazione alla luce non solo dei principi e delle regole del diritto italiano, ma anche di quanto previsto dalla governing law del trust per come scelta dal disponente. Sono oggetto di approfondimento le diverse vicende che interessano la 'vita' di un trust anche nella prospettiva della tutela dei diritti dei terzi. Si analizzano i vari 'obiettivi' che il disponente intende realizzare, in relazione a vicende che interessano i rapporti giuridici familiari, il passaggio generazionale di un patrimonio personale o aziendale, la tutela di soggetti bisognosi di assistenza. Dettagliata è infine l'analisi del ricorso al trust con funzione di garanzia, ovvero nelle operazioni di project financing, nelle vicende societarie e nella gestione della crisi di impresa. Il contributo conclude con una ricognizione critica dell'interpretazione delle vicende fiscali offerte dall'amministrazione finanziaria, in costante conflitto con la lettura delle stesse offerta dalla dottrina e dalla giurisprudenza.