Per fare luce sul pensiero che ha influenzato una ben precisa idea di ciò che sia la traduzione e di chi sia il traduttore, è presentato un bilancio condotto sul profilo storico delineando come dallo scientismo positivista, passando attraverso il trascendentalismo kantiano, si sia giunti all'ermeneutica gadameriana, per sintetizzare, in seguito, il contributo di Ricoeur e approdando alla teoria della decostruzione di Derrida. Un tale percorso di riflessione conduce a prospettive di analisi che de-costruiscono il senso comune di teorie che considerano la traduzione come neutra e il traduttore come obiettivo. La pretesa di un traduttore imparziale e neutro appare infondata, se si considera che il traduttore utilizza un «materiale», la lingua, che non è affatto un materiale, ma parte integrante di una soggettività che lo costituisce nella sua specifica singolarità. La lingua attraversa il traduttore implicandolo profondamente nella realizzazione dell'oggetto, che è giusto la traduzione la quale di fatto finisce col certificarsi non già come mero oggetto, ma come specifica espressione della sua soggettività.