Il gruppo era una specie di madre adottiva che accoglieva qualsiasi bastardo: tossici, gente di strada, ragazzini scappati di casa, matti, quelli veri.» E quando Francesca entra nel gruppo, sa bene che ne verrà plasmata. Ma non sa fino a che punto. È la metà degli incerti, liquidi anni Novanta e loro sono Massi il punk e Rame il nichilista, e poi Andrè, Alex, Pallina, la Lele, il Bergo e gli altri, giovani che vivono la città come uno scrigno di trasgressioni. Le notti buttate in uno squat di periferia e i giorni di scuola saltati, i pomeriggi che vanno in fumo nel parco e i treni presi senza biglietto per i rave fuori città... Poi, la prima boccetta di popper, la prima striscia di cocaina. Presto, troppo presto, il primo buco di eroina e la storia prende colori diversi, le amicizie si tendono e si sfilacciano e le avventure diventano più pericolose, tra la «fabbrica dello spaccio» dei Russi, le retate della polizia, la complicità al veleno dei pusher, il trauma dei tentativi di disintossicazione. I ragazzi cominciano a cadere come mosche, nella risata indifferente della notte. Ma Francesca tiene viva una scintilla, un piccolo nucleo di salvezza, un pensiero: uscirne si può. E chi ce la fa, ce la fa alla grande.