Il libro intende veicolare l'auspicio di un Mediterraneo più equo e più giusto, in cui le relazioni tra le sue sponde siano improntate alla pariteticità e abbandonino tanto le posture neocoloniali e paternalistiche quanto quelle vittimistiche e di sudditanza. Il titolo "Cartografie liquide" richiama una contraddizione: da un lato, la solidità terrestre, la certezza della carta geografica, la sua ferma staticità; dall'altro, le acque del mar Mediterraneo come paradigma di liquidità, elemento mobile e sfuggente definito sempre in relazione alla centralità dell'elemento "terra" e mai dal mare stesso. Un mar Mediterraneo dove le relazioni tra Sud e Nord sono poi viziate dalla sperequazione di potere in favore di quest'ultimo, forte di un'arroganza cristallizzata nei secoli, decisore unico, arbitro non imparziale, definitore e discernitore di un Mediterraneo "altro", che, stigmatizzato ed escluso, disumanizzato e barbarizzato, rischia di essere interpretato come antitesi della "grande civiltà europea".